Ultimo aggiornamento 3 anni fa
L’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha stimato più di 500mila smart worker italiani. Cosa si deve aspettare il lavoratore agile nel 2020?
I dipendenti con maggiore flessibilità e autonomia rappresentano quella percentuale della popolazione italiana con un grado di soddisfazione e partecipazione più elevato dei lavoratori tradizionali.
D’altronde a molte persone basta una connessione e un device a portata di mano.
Fare smart working significa “lavorare da casa” e non corrisponde al telelavoro, in quanto nuova forma contrattuale chiamata lavoro agile. Questo quadro ha iniziato a delinearsi con la Legge sul Lavoro Agile (81/2017) in termini di diritti dello smart worker, controllo da parte del datore di lavoro, tools e modalità con cui svolgere l’attività da remoto.
Secondo l’Osservatorio
Secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano nel 2019 i lavoratori agili italiani sono stati 570mila. Questa stima corrisponde ad una crescita del 20% rispetto al 2018.
Procediamo con l’analisi delle grandi realtà.
Nelle grandi imprese permangono ancora limiti nella cultura manageriale e per questo motivo, l’adozione dello smart working risulta ancora rallentata. I numeri di riferimento sono i seguenti:
Il 58% delle grandi imprese ha avviato progetti di smart working (56% nel 2019);
Il 7% delle aziende ha intrapreso iniziative informali e il 5% le prevede nei prossimi dodici mesi;
Il restante 30% si divide in un 22% con intenzioni future e in un 8% con dubbi e poco interesse a riguardo.
Queste statistiche si riflettono a livello di engagement del lavoratore agile. Gli smart worker sono più soddisfatti dell’organizzazione aziendale (31% contro 19%), così come delle relazioni fra i colleghi (31% contro 23%). Ciò significa che il 71% dei lavoratori agili è più orgoglioso dei risultati ottenuti (rispetto al 62%) e rimane in azienda più a lungo (rispetto al 56%).
Di conseguenza, il lavoratore agile si sente pienamente responsabilizzati (33% contro 21%) e riesce a bilanciare l’utilizzo delle tecnologie digitali con i tool tradizionali di collaborazione.
Un ulteriore aspetto da considerare è che nella metà dei progetti strutturati il lavoro agile corrisponde al lavoro da remoto, mentre la restante parte adotta un modello flessibile in termini di luoghi e orari grazie al ripensamento delle location in ottica “smart”.
PA sensibilizzate
Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, è stato registrato un raddoppiamento dei progetti strutturati rispetto al 2018, anche se è un fenomeno ancora insufficientemente diffuso.
Questa comprensione limitata si deduce dalla selezione delle persone coinvolte in base alle esigenze familiari come i rientri dalla maternità (70%) o la presenza di disabilità o familiari a carico (57%), ma anche in base al ruolo ricoperto (57%).
Tuttavia, una migliore conciliazione fra vita privata e professionale (78%), un maggior benessere organizzativo (71%) e l’aumento della produttività e qualità del lavoro (62%), sono le motivazioni che incitano gli enti ad intraprendere progetti innovativi.
Solitamente, le barriere sono la percezione di una modalità poco applicabile alla propria realtà (43%), la mancanza di consapevolezza dei benefici ottenibili (27%) e la presenza di attività poco digitalizzate a causa di documenti cartacei e tecnologie inadeguate (21%).
Per ulteriori aggiornamenti, stay tuned!