Ultimo aggiornamento 3 anni fa
L’avvento della digitalizzazione potrebbe causare un nuovo gender gap da superare, soprattutto per le donne.
Automazione
Il mondo del lavoro è focalizzato sulla cosiddetta digital transformation, tanto che molti studi mettono in guardia i lavoratori rispetto ai potenziali cambiamenti che le tecnologie rappresenteranno per l’uomo.
La questione non è una novità.
Secondo il Report di McKinsey Global Institute la produttività generata dall’automazione è in grado di incrementare il tasso di crescita annuo tra lo 0,8% e l’1,4%, soprattutto, in quei Paesi dove la popolazione in età lavorativa è in calo a causa dell’invecchiamento demografico.
Per circa il 60% delle professioni la quota di lavoro che può essere affidata alle macchine è non meno del 30%. Ciò significa che i robot e i computer possono svolgere attività a sforzo cognitivo ed il timore dell’automazione cresce a vista d’occhio.
A tal proposito, il World Economic Forum di Davos stima che entro il 2020 ci saranno 2 milioni di nuove occupazioni in ambito tecnologico, matematico e ingegneristico e 7,1 milioni di posti di lavoro in perdita nel mondo.
Le professioni maggiormente interessate dalla digitalizzazione sono quelle che comportano un’attività fisica cosi come la raccolta e l’elaborazione dei dati. I settori di riferimento saranno l’agricoltura, la pesca, la manifattura ed il commercio.
Nel campo dell’istruzione e della salute, seppur sempre più automatizzato, non si potrà sostituire la presenza umana.
Inoltre, recentemente l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa ha riportato numeri davvero impressionanti riguardo il futuro del lavoro italiano. In Italia 1 posto di lavoro su 3 è a rischio automazione ovvero il 35,5% su scala nazionale. L’introduzione sempre più massiccia delle macchine e dell’Intelligenza Artificiale avrà importanti conseguenze su oltre un terzo della forza lavoro in ambiti specifici.
Con il 15,2% delle professioni a rischio di totale cancellazione, l’Italia è al di sopra della media. Di conseguenza, peggioreranno le condizioni lavorative e aumenteranno le diseguaglianze tra i lavoratori nello stesso modo in cui la quota dei disoccupati è raddoppiata dal 2006.
Donne a lavoro
L’innovazione chiaramente non deve spaventare, ma diventare fonte d’ispirazione per evolversi e puntare a quelle posizioni che difficilmente potranno essere sostitute dall’Intelligenza Artificiale. A tal proposito, l’automazione sarà super partes?
Secondo l‘Institute for Women’s Policy Research e Women in The World le donne potrebbero essere le prime a risentire della trasformazione in atto. Nello specifico, il World Economic Forum stima che, in media, le donne saranno soggette all’11% di rischio di perdita del lavoro a causa dell’automazione rispetto al 9% delle loro controparti maschili.
Dunque, entro i prossimi 20 anni in 30 paesi, circa 26 milioni di professioni ricoperte dalle donne saranno ad alto rischio di sostituzione. Si tratta di una probabilità del 70% ovvero 180 milioni di occupazioni a livello globale.
Per quanto riguarda il titolo di studio acquisito, statisticamente quasi il 50% delle donne con un’istruzione superiore potrebbe abbandonare la propria occupazione rispetto al 40% degli uomini. Il rischio per le dipendenti con un diploma di laurea è dell’1%. Tra le posizioni più soggette al cambiamento ricordiamo l’assistente amministrativo, l’impiegato, il contabile e il cassiere.
Gli elementi che potrebbero rallentare la progressiva digitalizzazione del posto di lavoro sono la non ripetitività dell’attività svolta, le capacità creative e innovative, la complessità intellettuale e operativa delle mansioni, il titolo di studio e le abilità relazionali e sociali.
Ne consegue che il fenomeno dell’automazione non dovrebbe diventare una questione di genere!